Il New York Times celebra la cacio e pepe, ma lo fa con una ricetta non proprio tradizionale che sta facendo molto discutere.
La cacio e pepe è un primo piatto tipico della cucina laziale, a Roma la ricetta è un’istituzione quanto il Colosseo e guai a chi sbaglia la ricetta.
Si tratta di una ricetta povera, nata probabilmente dai pastori del Lazio durante i lunghi spostamenti del gregge. I pastori per affrontare la transumanza portavano con loro pochi ingredienti, non facilmente deperibili, da consumare durante il viaggio. Ecco allora che con pochi spaghetti essiccati, del pepe nero e del pecorino romano, detto anche cacio, si poteva realizzare un ottimo pasto in pochissimo tempo.
Dalla campagna laziale, la cacio e pepe si diffonde nelle regioni vicine, Umbria e Marche, e inizia ad essere servito anche nelle osterie del territorio. Gli osti avevano una loro ricetta molto saporita con tanto pepe che insieme alla salinità del cacio costringeva i clienti a consumare più vino. Più cacio e pepe mangiavano, più vino bevevano.
La cacio e pepe, oggi, è considerata una delle ricette della tradizione italiana, con il tempo e la crescente attenzione per la cucina e per i prodotti genuini, la ricetta è stata affinata fino a diventare quella che viene servita oggi. Il segreto non sta solo negli ingredienti, è il metodo di preparazione che spesso fa la differenza.
La popolarità della cacio e pepe ha raggiunto gli Stati Uniti, Addirittura Bill Clinton, in visita a Roma per incontrare il Papa, ha trovato il tempo per andare a mangiare la cacio e pepe da Vladimiro nel ristorante di via Veneto. Così il New York Times ha voluto celebrarla e raccontarla, inviando la giornalista Julia Moskin a provare la ricetta nel ristorante dello storico marchio romano Roscioli, che ha aperto ad inizio anno a New York.
Nonostante le buone intenzioni, il racconto pubblicato della Moskin sulle colonne del quotidiano hanno destato qualche più di qualche perplessità nei lettori italiani e sconvolto completamente i romani.
A dire la verità il racconto della giornalista comincia bene, all’inizio del pezzo viene spiegato il vero segreto della cacio e pepe che sta nel creare una cremina di cacio e pepe con l’acqua di cottura di pasta. Tuttavia la Moskin spiega che la cremina può essere preparata anche molto tempo prima per poi essere conservata in frigorifero e utilizzata successivamente.
Il colpo di grazia arriva sulla cottura della pasta che, a suo dire, “should be fully coocked, not al dente”, cioè deve essere ben cotta e non al dente. La passione degli americani per la pasta scotta è ben nota, sono pochi i cuochi d’oltre oceano che aspettano che l’acqua bolla prima di buttare la pasta, però fa un po’ impressione leggere su uno dei quotidiani più famosi al mondo la celebrazione della pasta scotta.