Cala il prezzo della pasta, ne siamo sicuri? In realtà tutto dipende dal prezzo che si prende come riferimento di mercato.
In Italia, ogni anno, vengono prodotti circa 4 milioni di tonnellate di pasta di cui circa il 63% viene esportato in tutto il mondo. Una quantità stratosferica che ci conferisce il primato mondiale staccando di molto gli Stati Uniti, dove se ne produce circa la metà a fronte di una popolazione cinque volte superiore.
Questo non è l’unico primato che riguarda la pasta, poiché l’Italia è anche il Paese dove si consuma di più, circa 23 kg a persona ogni anno. In questa classifica al secondo posto troviamo i turchi che arrivano appena a 17 kg a testa all’anno.
I sondaggi, presentati in occasione del World Pasta Day, ci dicono anche che la pasta è un alimento immancabile nella dieta degli italiani, infatti, circa l’83% dichiara di mangiare almeno un pasto al giorno a base di pasta.
Questo perché la pasta è un alimento molto nutriente, capace di donare un senso di sazietà a lungo termine. Inoltre, la pasta costa poco e può essere condita all’occorrenza con quello che c’è in casa, offrendo comunque un pasto sostanzioso.
Negli ultimi anni, prima la crisi pandemica e poi lo scoppio della guerra in Ucraina hanno provocato una forte instabilità economica che ha colpito soprattutto il mercato dell’energia. Tra problemi reali e speculazioni finanziarie, il risultato è stato un sostanziale aumento dei costi di energia elettrica e gas. I rincari hanno colpito le persone non solo direttamente, con l’aumento delle bollette per le forniture, ma anche indirettamente, attraverso gli aumenti di quasi tutti i beni di consumo tra cui la pasta.
Inevitabilmente l’aumento dei costi dell’energia ha avuto ripercussione sui costi di produzione delle aziende, che hanno visto crescere anche i prezzi delle materie prime usate nelle aziende. Prendendo d’esempio la pasta, molti produttori hanno accusato un’eccessiva fluttuazione dei prezzi sul mercato del grano, che sta letteralmente facendo impazzire gli imprenditori.
Fino a qui sembra tutto lineare: quando aumentano i costi dell’energia, aumentano anche i costi di produzione, se poi ci aggiungiamo gli aumenti delle materie prime, ecco che si comprende perché sono saliti i prezzi della pasta. In realtà, però, guardando i dati Istat presentati dai pastifici UIF, emerge che a fronte di un’inflazione di circa 8,4% i prezzi della vendita al dettaglio sono saliti di oltre il 16,5%. I produttori, dal canto loro, non sono disposti prendersi la responsabilità degli aumenti e la scaricano a loro volta sui ritardi di 6-8 mesi con cui la grande distribuzione ritocca i prezzi della pasta sui listini ufficiali.
In pratica le aziende sostengono che se il prezzo di produzione aumenta, i prezzi dei supermercati non aumentano immediatamente ma con un ritardo di circa 6 mesi, così si trovano a dover assorbire gli aumenti sui propri conti. La stessa cosa accadrebbe quando i costi scendono. In questa situazione è difficile stabilire se ci sia una reale speculazione e a vantaggio di chi. Il risultato, però, non cambia per i consumatori, la cui spesa annua per il consumo di pasta è salita di circa 10–11 euro a persona all’anno. Adesso non ci resta che aspettare luglio, quando è prevista la riduzione dei prezzi alla vendita, per capire cosa succederà.